Mua Pro – il delicato rapporto con le clienti
Mua pro – il rapporto con i clienti è uno degli aspetti più articolati di questo lavoro. Complici di un passaparola che fa la differenza. Vediamo i punti chiave
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MUA PRO

Mua Pro – il delicato rapporto con le clienti

MUA PRO e il rapporto con i clienti

Quando seguo le mie allieve e le preparo a diventare brave e Mua Pro (make-upartist professional), cerco sempre di dare loro indicazioni anche in merito a quello che è il lato deontologico, di questa professione, preparandole al rapporto con le clienti.

Avere a che fare con le persone, in modo tecnico e funzionale, in questo ambito, è tutto.

Sono loro che ci forniscono dei feedback positivi che andranno a caratterizzare un aspetto importante del nostro profilo che contribuirà a farci conoscere: il passaparola.

Quando un cliente è soddisfatto, parla bene di noi, ci raccomanda.

Quindi è importante instaurare un sentimento positivo con il cliente, sia per una questione di deontologia personale che di continuità nel rapporto.

Le differenti tipologie di clienti

Parliamo di persone, di menti diverse, di culture diverse e anche di vissuti. Non possiamo scegliere con chi lavorare, almeno non sempre.

Adeguarci a chi abbiamo di fronte è parte del nostro lavoro.

Noi mua dobbiamo essere un po’ psicologi e un po’ mediatori, insegnanti e complici sempre restando al nostro posto, evitando di invadere troppo la sfera personale del ciente, almeno fin dove ci viene permesso arrivare.

Empatizzare con i clienti, trovare il giusto canale di comunicazione, la chiave di lettura di ciò che dicono, evitare fraintendimenti, essere alquanto chiari nell’esposizione di ciò che si dice senza tediare o spaventare il nostro interlocutore.

Quindi, primo passaggio è la conoscenza.

Ma conoscere un cliente presuppone uno step precedente: presentarci.

In questo modo, faremo capire chi siamo, come siamo, qual è la nostra preparazione. Approcciarsi ad un primo gradino di fiducia, in modo che, chi abbiamo di fronte, abbia la possibilità di rilassarsi, di pensare a ciò che stiamo dicendo mettendoli nella comoda posizione di poterci dire ciò che vogliono.

Spesso, chi si siede nel mio studio, tende a giustificarsi. Comincia a dire che non è capace a truccarsi o che non si trucca mai. Parla con timore del fatto di fare poca o quasi niente skin care. Ne parla come se fossero “peccati capitali”.

Questo accade perché c’è troppa pressione social e pubblicitaria in merito alla cosmesi. Sembra quasi che chi non ne faccia uso, o ne faccia un uso scarso, sia da condannare.

Ecco perché per prima cosa, faccio capire che non sono lì per colpevolizzare nessuno ma, al contrario, per aiutare, per essere di supporto.

Un altro timore delle clienti è quello di sentirsi dei casi disperati.

Si vedono brutte, vecchie, con nasi orribili, con occhi storti, con volti asimmetrici.

A volte sono delle semplici proiezioni di immagini distorte nella loro mente. Altre volte sono semplici caratteristiche somatiche, altre volte sono difetti o imperfezioni che rendono umane le persone ma che la società ancora non ci aiuta ad accettare, complice un concetto di perfezione troppo radicata.

Ciò che conta più di tutto, ancor prima del nostro lavoro è quello di rassicurare le clienti sul fatto che nessuno è perfetto, per il semplice fatto che la perfezione non esiste, contrariamente a quanto vogliano farci credere e che, alle volte, basta un po’ di trucco, a scopo terapuetico, per vedersi meglio.

Sì, in molti casi, nel mio studio, uso il trucco come un approccio terapeutico a quelle che sono le obiezioni personali di una cliente. Quel po’ che basta a farle andar via più soddisfate e consapevoli della loro naturale bellezza e delle loro potenzialità.

Le clienti vanno aiutate sì, vanno lasciate libere di parlare, di dire tutto ciò che pensano perché, per noi, rappresentano preziose informazioni, non solo per aiutarci a comprenderle meglio ma anche per un nostro arricchimento professionale.

Ricordate che, tutto ciò che apprendiamo da una cliente, può costituire una buona base di partenza, uno spunto, per aiutarne un’altra.

Come a dire “prendi l’arte e mettila da parte”.

Avere a che fare con diverse tipologie clientelari, può solo aiutarci a fare sempre meglio il nostro lavoro, arricchendoci da un punto di vista di conoscenza pratica.

Una truccatrice professionista deve essere sempre al servizio del cliente?

No, decisamente no. Non sono una fautrice del detto “il cliente ha sempre ragione”.

A volte il cliente va guidato, altre istruito, altre redarguito.

Ciò che fa la differenza sono i modi con cui ci si pone e i toni usati durante il confronto.

Diciamo che è lecito dire tutto, soprattutto se siamo in grave disaccordo o se qualcosa va contro la nostra deontologia ma, scegliere in che modo rispondere, o “discutere”, quello dipende da noi.

Dipende dal nostro buon senso, dai nostri limiti di pazienza, dalla capacità che abbiamo di assestare il colpo, di elaborare ciò che ci viene detto.

I tempi e i modi di reazione sono a nostro carico, sono una nostra responsabilità.

Questo in accademia non ci viene insegnato, almeno non sempre.

Tutto ciò fa parte di un bagaglio culturale frutto della nostra esperienza.

Questo è il consiglio che spesso do alle mie allieve: di incanalarsi in quanti più contesti possibili e variegati, in modo da potersi confrontare con diverse tipologie di cliente e acquisire un know how sempre più considerevole per affrontare in modo sereno questo lavoro, tenendosi pronti a tutto.

Bisogna ricordare al cliente, in modo gentile, che siamo comunque essere umani prima che professionisti e che il fatto che ci stiano pagando non voglia dire che ci possano trattare come desiderino.

L’educazione e il rispetto sono comunque alla base di ogni forma di relazione che si possa definire civile.

Vi lascio qui (clicca) un altro articolo, ancora più esplicativo su cosa voglia dire e da dove cominciare per diventare una mua pro.

Alla prossima!!!

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